L’inflazione è il nemico pubblico numero uno, anche tra gli imprenditori. E le aziende italiane si attendono un rafforzamento dell’ inflazione che durerà anche nei prossimi anni
Serve una “strategia credibile di lungo periodo per i conti pubblici” per “mantenere la fiducia nel mercato dei titoli governativi”. Lo afferma il dg della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, intervenendo all’Ania e sottolineando come “i mercati azionari e delle obbligazioni sono volatili ed esposti ai cambiamenti del sentiment dei mercati”.
Il dg si dice d’accordo con le misure di molti governi “per mitigare l’impatto immediato dei rialzi eccezionali dei prezzi energetici” ma va ricordato “come tali prezzi devono crescere per raggiungere i nostri obiettivi di lungo termine nella transizione climatica, obiettivi che l’attuale transizione rende ancora più vitali”. Per il dg i “relativi segnali di prezzo dovrebbero, in linea di massima, essere mantenuti, anche per bilanciare la domanda e l’offerta nelle attuali circostanze”.
I dati di Confindustria fotografano come il 2022 presenti un conto energetico shock per le imprese pari a 110 miliardi in più rispetto ai valori pre-crisi, come anche l’indagine della Banca d’Italia annota il peggioramento del quadro dovuto in larga parte proprio agli extra-costi per elettricità e gas.
Via Nazionale ha monitorato le aziende italiane tra il 25 agosto e il 15 settembre e ne esce un quadro abbastanza drammatico: sono sempre più pessimiste sulla situazione economica a causa “dell’incertezza imputabile a fattori economici e politici e l’andamento dei prezzi delle materie prime”. Secondo l’indagine “per quasi un terzo delle aziende, le difficoltà legate al costo dell’energia sono state maggiori che nel trimestre precedente”.
Il problema è che il rallentamento economico generale inizia decisamente a pesare. La Confindustria vede un 2023 a crescita zero, alcune agenzie di rating ipotizzano anche il segno “meno”. Per Bankitalia, ha spiegato Signorini, si profila una pesante riduzione delle stime 2023 (in arrivo il 13 ottobre) ma ancora in positivo. Ragionamenti che pesano tra le aziende: “L’impulso della domanda, che aveva sostenuto l’attività negli ultimi trimestri, è venuto meno e le attese delle imprese non ne prefigurano una ripresa nei prossimi mesi”. Segnalata anche una moderata revisione al ribasso dei piani di investimento per il 2022.
L’inflazione è il nemico pubblico numero uno, anche tra gli imprenditori. E le aziende italiane si attendono un rafforzamento dell’ inflazione che durerà anche nei prossimi anni. Palazzo Koch ha chiesto le impressioni tra le aziende dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti, e nel terzo trimestre “le attese sull’inflazione al consumo sono ulteriormente aumentate, superando il 6% sui 12 mesi e attestandosi su valori intorno al 5% anche sugli orizzonti più distanti (a 2 anni e tra 3-5 anni). “Anche la dinamica dei prezzi praticati dalle imprese si è rafforzata e rimarrebbe sostenuta nei prossimi 12 mesi, sospinta dai rincari degli input produttivi e dalle più elevate attese di inflazione”.
Per il momento, è in tenuta il lavoro. “Le prospettive dell’occupazione nel quarto trimestre rimangono nel complesso favorevoli”, segnala l’indagine. “La quota di imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi che prevedono di espandere il numero di addetti è risultata superiore di 5,6 punti percentuali a quella di chi ne prevede una riduzione, un divario più contenuto rispetto alla rilevazione precedente (15,7)”. “Le attese – sottolinea l’indagine di Via Nazionale – sono più favorevoli nel comparto delle costruzioni, dove il saldo è aumentato lievemente a 11,7 punti percentuali (10,8)”.